Il primo ricordo che ho di un tatuaggio è la copertina di Blue Valentine di Tom Waits.
Abbracciava la donna tatuata sul suo bicipite con la malinconia di una promessa mancata.
C’era tutto: il sentimento, la trasgressione e il rock’n’roll. Fu solo l’inizio. Da lì al negozio di Marco Pisa a Bologna passò solo poco tempo, e anch’io ebbi la mia prima dose d’inchiostro.
Da quel momento la passione crebbe fino a diventare la voglia di provarci e, dopo la dovuta gavetta e gli anni passati a sperimentare, ebbi la fortuna di poter affiancare amici/tatuatori che mi permisero di guardarli all’opera e cercare così di migliorare la tecnica.
Il mio lavoro e la mia ricerca si basano sull’estetica e sulla cura nel seguire la conformazione del corpo umano che il tatuaggio tribale ha sempre considerato, spostando la visione dei soggetti in un’ottica più moderna e lasciandomi influenzare da qualsiasi cultura possa arricchire il mio bagaglio creativo.
L’attesa, la tensione, l’emozione, il rumore, il brivido, il dolore, di nuovo inchiostro sotto la pelle.
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